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Poc’anzi – in prossimità di Cesarea di Filippo – il pescatore di Galilea si era sentito cucire addosso il più alto complemento-d’identità: “Tu sei Pietro, sopra questa pietra ci scommetto per-sempre la mia faccia. Nessun inferno potrà nulla contro di te”. L’Amore, amandolo, aveva reso amabile l’apostolo rude: l’aveva reso la base – campo-base, basamento, fondamenta – delle future altezze. Della sua massima altezza, l’altitudine delle vertigini: la Chiesa. Poi, tutto preoccupato che nessuno fraintendesse le sue intenzioni, comincia a parlare loro del dopo-domani, di ciò che accadrà dopo quell’inattesa dichiarazione d’appartenenza: «Che doveva andare a Gerusalemme, soffrire molto da parte degli anziani (…), e venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Parole che, all’istante, drizzarono in piedi tutta l’ansietà apostolica. Ancora Pietro, capoclasse: “No, a Gerusalemme tu non vai! Sei pazzo a dire così!”. Poco tempo era passato – un battito di ciglia, un volo d’uccello, un esercito di sguardi confusi – e il complemento d’identità si tramuta in maledizione, complemento di differenza: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Nessuno dubiti: non è l’amico-di-pesca a diventare Satana. È Satana, l’omicida, ad intrufolarsi tra le pieghe di quella storia. Ancora una volta, l’ennesima, non-l’ultima. “Che fartene – bisbigliò il serpente schifoso al pescatore – di un Dio in sofferenza, in croce. È inconcepibile, capisci?”. Eccolo lì, Satana: smascherato, pur viaggiando in mimetica! Dedicato a tutti quelli che, dopo la stagione delle tentazioni nel deserto, liquidarono la faccenda: “È stato sconfitto, è morto”. Lui ringrazia d’aver dato falsa notizia delle sue esequie: d’allora iniziò a decuplicare il suo fatturato. Che, a ben pensarci, ammontava già ad un’iradiddio di balle.
Li conosceva, Cristo, gli umani: «In ognuno di noi c’è la stoffa di un tiranno, di un prepotente, il germe vitale di tremende possibilità» (F. Mauriac). Il tempo del rimbrotto, dunque, durò poco: quel poco che sempre basta. Poi, ago e filo, il Maestro torna a ricucire i rapporti, senza retrocedere un millimetro dalla strada che porta a Gerusalemme. Qualcuno vorrà andare dove vado io? «Rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Gli uomini, giunti a metà frase, metton sempre una via-di-fuga: “Però, c’è sempre un però”. Dio, a capo frase, lascia la libertà: «Se qualcuno». Seguirlo è una possibilità, mica una condanna: nessuno obbliga ad andargli dietro. Per chi lo seguirà, nulla sarà dolce come il diventare ciò che Lui sogna l’uomo diventi. Ciò che chiede, alla fine dei conti, non è poco: “Rinnegarsi, crocifiggersi, seguirlo”. Non è tanto: di fronte alla Croce-regalata, cos’è un’intera vita di stenti? Né poco né troppo: è tutto. L’impossibile dell’uomo, il possibile di Dio. Che, poi, rinnegarsi mica è disprezzarsi, bestemmiarsi: è semplicemente stare-al-proprio-posto. Che è sempre quello dietro Cristo, al più mano nella mano, in braccio a Lui. Mai davanti, il gioco del Bastardo: «Va’ dietro a me, Satana». E, da dietro, caricarsi la croce e andargli appresso, fino a prendergli la forma: crocifiggersi, paradosso tra tutti i paradossi, è conformarsi. La mia vita, venendoti dietro, lentamente prende la tua forma: t’assomiglio, Signore”: è l’altra faccia del complemento d’identità. Per poi seguirti. Il che, roba da non crederci, non s’era mai udito uscire prima dalla bocca di nessuna tre le mille divinità: l’Amore che chiede il permesso d’amarci. Nessuno l’aveva mai osato: “Mi concedi d’amarti? Mi piaci come sei”. Parole timide, disobbedienti.
Capiscono sempre poco gli apostoli: mi è d’incoraggiamento la loro sudata sequela. Della loro buffa caricatura di Dio, non gliene faccio colpa: in materia di comprensione mi sono gemelli. Ci sono giorni in cui mi metto davanti: “Lasciami fare”, Gli dico. Tracollo, tutt’al più barcollo: sono bocconcino ghiotto di Lucifero. Altri, invece, mi prende Lui e mi sbatte-dietro: “Lasciati amare, lasciami fare qualcosa per te” dice. Sono i giorni in cui sto-da-Dio. Protetto dalle sue spalle.

(da Il Sussidiario, 2 settembre 2017)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni» (Matteo 16,21-27).

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