Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Lo guardi e ti spiazza. Ha un sorriso contagioso, sincero, entusiasta. Un sorriso che non ti aspetteresti sul volto di un ragazzo, un atleta promettente, per di più, che, dal giorno alla notte, si è ritrovato su una sedia a rotelle. Per altro, non per colpa minimamente sua: non per un’imprudenza, non per una spavalderia, non per fare il gradasso, non perché non si era messo la cintura in auto o il casco in motorino, non perché guidava in stato di ebbrezza. Niente di tutto ciò. Semplicemente, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non si può rimproverare nulla, Manuel Bortuzzo.

Infatti, sottolinea: Non ho mai maledetto quella notte. Ma aggiunge, provocando nuovi brividi al nostro “comune buon senso”: sono stato fortunato: a parte muovere le gambe, sono sempre io, con la fidanzata, con gli amici… Suona strano pensare che “muovere le gambe” sia quasi un dettaglio. La realtà è che Manuel, che ne ha perso l’uso perché colpito da un proiettile, sa che a seguito di una dinamica del genere, i postumi sono sempre, assolutamente, imprevedibile. Avrebbe potuto rimanere inchiodato in un letto d’ospedale. Non solo, con ironia d’atleta che solo chi ha praticato nuoto può capire, ride: tanto le gambe neanche prima le usavo… sì, perché questa è la critica che il 90% degli istruttori di nuoto fa agli atleti, anche a quelli ormai agonistici.

Il cambiamento, anche solo logistico, è senz’altro d’impatto e forte, ma già vede spiragli nuovi, nonostante ammetta che, all’inizio, trovarsi in un lettino e non riuscirsi a girare lo aveva portato allo sconforto.

Ciò che più stupisce è il rapporto che quest’uomo tanto giovane abbia saputo instaurare con quanto gli è capitato. Non bisogna dare valore a questa cosa, dice. Non è che pensandola si possa tornare indietro. Qualcuno ha voluto aggiornarlo sui due malviventi, tuttavia, Manuel ne sembra sinceramente disinteressato. Quasi costretto a doversi giustificare arriva a dire: Vorrei che a loro capitasse quel che è capitato a me: solo perché capiscano bene le cose. Lo so, detta così suona male, quasi una vendetta: ma non c’è vendetta, né nel tono, né nello sguardo, né nelle parole che questo ragazzo riserva loro. In verità, è un modo brutale per fare loro un augurio stupendo: che abbiano un’esperienza traumatica e forte come la mia, se solo questo abbia anche solo una possibilità di costituire per loro un pungolo per cambiare la propria vita e darle il valore che merita.

Tanti ragazzi sono “buttati in vasca” solo perché il nuoto è uno sport completo, perché aiuta uno sviluppo armonico del corpo, perché fa bene ala schiena; tanti, rinunciano appena i genitori gliene danno la possibilità. Altri però continuano, con passione ed entusiasmo. Come nel caso di Manuel, che ci ha tenuto, da subito, ad includere la piscina (per altro, molto spesso utilizzata in questo ambito) come parte integrante della sua riabilitazione. È dalla testa che parte tutto, e da qui è partito bene ci rassicura, con un sorriso più grande di lui, che gli consente di pensare «positivo». L’augurio sincero è che questa promessa del nuoto possa avverarsi e dare lustro al medagliere paralimpico, complice anche la giovane età e la grande “fame” di vittoria che alberga nei suoi occhi, per nulla rassegnati.

I cattolici romani, questa domenica, hanno meditato il vangelo della Trasfigurazione; lo stesso, anche per quei cattolici ambrosiani che, partecipando alla Messa Prefestiva hanno sentito proclamare il medesimo brano all’iniziale Annuncio della Resurrezione. Alla luce – è proprio il caso di dirlo – della storia di Manuel, questo diventa un monito ed un invito, in questa Quaresima che ci conduce alla Pasqua. Cerchiamo storie di Resurrezione che ci ridonino vigore nel cammino e ci aiutino a non arrenderci nelle sfide quotidiane..

Basta una breccia di luce a squarciare la notte più cupa. Ed è subito Resurrezione.

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Fonte immagine: Unione Sarda

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