Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Siamo fatti di ciò che non riusciamo a trattenere: siamo incontri mancati, cose smarrite, appuntamenti perduti. Siamo fatti in maniera tale che esistono pezzi di noi dentro altre persone: «Camminavamo senza cercarci – scrive Julio Cortazàr -, eppure sapendo che camminavamo per incontrarci». Il perchè è semplice: quando incontriamo le persone giuste, il cielo potrà soltanto farci da cornice. Questo, sotto-sotto, pensava Tommaso: “Io di stare rattrappito a mò di talpa nel cenacolo non ne voglio sapere. Torno in strada, voglio andare incontro al Rabbì”. Lui, i due di Emmaus, più milioni di altri lungo il corso della storia. C’è anche chi, all’indomani di un lutto, non ne vuol sapere di stare dentro casa, vuol riprendersi in mano subito la situazione: “Che ritorni a guidare il prima possibile, altrimenti non guiderà più” suggeriscono a chi ha appena fatto un incidente. Il grande incidente di Tommaso: il Calvario, la montagna calva, un funerale in diretta del Maestro. Venerdì, sabato, domenica, la settimana dopo la grande disfatta. Tommaso scelse di star fuori da quel cenacolo: l’aria viziata, un che di struggente, tutti a rivangare il passato che non c’era più. Poi, d’un colpo, Lui: eccolo, «Pace a voi!» Premiati i fedelissimi della sacristia: “Fosse rimasto qui, l’avrebbe veduto anche Lui – mormorarono a mò di rimbrotto -. Ben gli sta a Tommaso: sempre il bastian contrario deve fare lui”. Evviva i dieci nel cenacolo!
Quelli che, quando torna quel fuggiasco di Tommaso, esplodono in grida: «Abbiamo visto il Signore!» Ch’era come dire: “Se stavi con noi l’avresti veduto anche tu, vecchio mio!” Non sapevano loro che, nel paese del desiderio, l’amico aveva già iniziato ad incontrare l’Amico: desiderandolo, non dandolo per morto, andandogli incontro per le strade. Non gli basta, dunque il racconto: «Se non, io non credo». Tommaso desidera l’incontro: c’è chi, per cambiare rotta, necessita di un libro, chi di un racconto, chi di un incontro: “Voglio vederlo il mio Rabbì, un Amore così grande io non accetto di farmelo raccontare da voi!” L’immagino, Tommaso, tra le viuzze di Gerusalemme, a ripercorrere le quattordici stazioni, a chiedere lumi dei fatti accaduti. A rimettere in sesto il cuore: “Rabbì, ascoltami: vorrei solo incontrarti ancora una volta per la prima volta”. Questo cercava: non chissà cosa, cercava Lui. E Lui, guarda caso, cercava Tommaso: s’è accorto, lì dentro, che ne mancava uno. E tenne fede alla promessa: «Chi di voi – disse un giorno il Maestro – se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finchè non la ritrova?» (Lc 15,4-7). Diede, dunque, l’esempio ai dieci preti ritrovati in sacristia: tornò «otto giorni dopo», c’era la pecorella smarrita da rimettersi in spalla, da mantenerle la mano (chiodata). Torna per uno-solo. Quanto coraggio ad innamorarsi: ci vuole ancor più coraggio per tornare indietro e riparare quello che si è rotto. Il finale non cambia: «Alla fine le anime gemelle si incontrano poiché hanno lo stesso nascondiglio» (R. Brault). E fu come se fosse la prima volta: amico, «metti qui il tuo dito e guarda le mie mani». Ritornare è diverso da tornare indietro.
Non fece nulla di tutto quello che Iddio l’invitava a fare. Fece l’unica cosa che il cuore gli comandò di fare: «Mio Signore e mio Dio!». Magari in ginocchio, oppure con i lacrimoni agli occhi, ad asciugarsi le gote: “Pazzesco, impossibile crederci senza vederlo: è troppo, è davvero Risorto!” Nel tempo “quelli-dentro-il-cenacolo” gliene hanno riversate addosso di ogni sorta: ficcanaso, invadente, perplesso, riluttante. Cristo, a mò di risposta, tornò. Andandosene, sapeva bene il rischio che correva: che qualora avesse deciso di tornare, magari avrebbe trovato che si erano anche abituati alla sua assenza. Tommaso lo trovò fuori: “è fuori” hanno detto al Rabbì, magari col sorrisino sulle labbra. “Mi sta cercando!”, fu il pensiero del Rabbì. Capì, il Risorto, che Tommaso s’era allontanato da quel luogo, mai da Lui. “Mio Dio, così a portata di mano!” pensò Tommaso, senza mettere la mano.

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Giovanni 20,19-31).


(Immagine tratta da www.didatticarte.it)

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