Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

DonneAlSepolcroS’incamminarono tremanti in direzione del sepolcro: là, nella mesta consolazione di una tomba scavata nella roccia, erano convinte di ritrovare almeno il corpo di quell’Uomo che tanto volevano piangere. E, piangendo, arrecare a Lui dolce e femminile compagnia. Nei Vangeli gli uomini prendono sonno ad intervalli più o meno regolari; nei Vangeli le donne stazionano veglianti da Nazareth al Golgota, anche dopo. Dall’inizio alla fine. Per sempre: sarà impresa tra le più folli e ardue far credere ad una donna che tutto sia finito, che la speranza si sia spenta, che non ci sia più storia alcuna da raccontare. Loro non prendono sonno: stanno deste, tutt’al più camminano confabulando tra loro. Il Sabato Santo, a dar retta ai Vangeli, è il giorno del grande silenzio e, pertanto, la vera “festa della donna”: sono loro a reggere il mondo quando gli uomini hanno già fatto armi e bagagli, lesti a tornare ai loro vecchi mestieri d’un tempo. Dei primi tempi della loro storia: quella monotona, ripetitiva, abituale. Quella della pesca, delle taverne, dei baratti al mercato del pesce di Cafarnao.
Giunte al sepolcro, però, non trovarono l’Uomo che andavano cercando: era rimasta traccia in un lenzuolo che d’ora innanzi andrà zigzagando tra le strade degli uomini. La chiameranno “Sacra Sindone” e in fronte ad essa s’inginocchieranno come in fronte a nessun’altra delle reliquie di Lui: è rimasta l’ultima traccia fugace di una storia che rimase stupore per alcuni e inganno per altri. Di una storia che Lui volle dipingere con i tratti della discrezione e della leggerezza, dall’inizio alla fine. Quando nacque a Betlemme, sembra che nessuno se ne accorse più di tanto, che a nessuno gliene importò più di qualunque altra nascita. Lui non si scompose: per trent’anni scelse di vivere con discrezione, nascosto in quel silenzio feriale e intimo di una storia simile a tante altre: tra casa e bottega, tra ammaestramenti e fraintendimenti, in cucina con Maria o nel retrobottega con Giuseppe. Scelse ciò che era quasi banale – la carne, la quotidianità, la stanchezza – per fare suo l’odore della storia, il profumo dell’uomo. Farsi uomo fu per Lui la più bella delle avventure possibili: per trent’anni pochi s’accorsero di Lui. Lui, da parte sua, s’allenò ad accorgersi di tutto e di tutti: gigli e accattoni, storpi e uccelli, lanterne e lievito.
Di Lui s’accorgeranno tre anni, dai trenta ai trentatré: quanto basta per decretarlo inutile e fastidioso. Imbarazzante e ingombrante. Ilari e baldanzosi, scelsero di inchiodarlo ad una Croce: l’ignoranza di chi, recidendo un fiore, s’immagina di cancellare la primavera. Rimarrà l’illusione di tanti dentro i Vangeli, di altrettanti dentro la storia di tutti i giorni. Lui tacque, resse, accettò tutto: morì da solo, come un cane. Dentro l’ultimo sguardo di una Donna che Gli era madre e amante, donna e Madonna. Il sepolcro, però, Gli stava stretto: come può una stanza pensare di rinchiudere la primavera? Tre giorni dopo, non lo trovarono già più: la sua Resurrezione mandò all’aria tutto. Ancora una volta, stavolta ancor più di prima. Fu l’inizio di una storia nuova, di un’avventura da risorti, della più stravagante e ambiziosa tra le storie che si raccontano: quella cristiana. Che s’accese con un incontro e uno sguardo: quello col Gesù Risorto. Anche allora, come a Betlemme, scelse di rimanere discreto: si nascose in un viandante per parlare a Cleopa, si lasciò confondere con il giardiniere per consolare la Maddalena, si mostrò di passaggio e affamato per farsi arrostire del pesce da pescatori doppiamente sconsolati. Fu così discreto e delicato che a tutti dovette confermare quella Bellezza con le parole: “Sono io”. E loro, tempo di riprendersi, tutti a dirsi e darsi la prima buona Pasqua della storia: «E’ il Signore!» (Gv 21,7). Con quella discrezione che rimase la Sua vera nobiltà.

(da Il Mattino di Padova, 5 aprile 2015)

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