La gioia non è un post-it provvisorio, di quelli che s’appendono al frigorifero per non dimenticarsi qualcosa quando si andrà a fare la spesa. Non è nemmeno quella sorta di sorriso pubblicitario da “posto prenotato in Paradiso”: sorrisi posticci, adatti per l’occasione, smorfie provvisorie. La gioia, nei Vangeli, è traccia per escursionisti esperti, materia solida, ha il mordente della cartavetrata più che la morbidezza di quella igienica. Nella sua vita terrena, quando voleva sfidare il mondo per tentare di conquistarlo a sé, Cristo non conosceva dichiarazione di guerra e d’amore più violenta e più ammaliante di un’espressione di gioia sul suo volto. Chi ebbe la grazia di incrociarlo in attimi così, di gioia spensierata, era come se all’interno di quei suoi occhi trovasse depositata una partecipazione alla festa: «Ti aspetto con gioia come se fossi un intero paese, completamente nuovo. Ti aspetto, sul confine tra me e te» (M. Cvetaeva). È per questo che, sul punto di fare ritorno al Padre – come l’ultimo avviso dato prima che un aereo decolli – si angustia per la situazione della gioia nel cuore degli amici: che non venga a mancare. La gioia più grande di tutte, se esistesse graduatoria tra le sfumature della più bell’annunciazione dei vangeli, la gioia per l’appunto: la convinzione di essere amati. Amati e guariti, innanzitutto, per diventare amanti e guaritori. In materia di gioia il viaggio è sempre circolare: la gioia della partenza e del dono, la gioia del ritorno e del contraccambio. Come ha fatto Lui, così faranno anche gli amici. Oppure non saranno suoi amici: punto.
La gioia riscaldata al fuoco perpetuo dell’amore: «Se uno mi ama, osserva la mia parola». Tanta pratica e poca teoria: l’innamorato sa bene che non basta innamorarsi di una donna, ma sarà necessario (ri)conquistarla un giorno dopo l’altro. La gioia, come l’amore, quando s’appropriano del cuore lo fanno ardere al punto tale da impedirti di rimanere dentro casa, pena l’autocombustione. Alla finestra, rimanendo alla finestra, il Vangelo resta una bellissima favola d’amore: è uscendo in strada, attraversando le piazze della storia, che l’amore si fa storia concreta. E, paradossalmente, senza manco accorgersene, chi ama si trova poi Dio dentro casa. Scopre che Dio ha scelto come numero civico la sua stessa storia, apparentemente così piccola e deforme: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». All’improvviso, di scatto, quasi una conseguenza dell’amore donato è l’amore ricevuto. Un momento di gioia ci coglie sempre di sorpresa: non siamo noi ad afferrare la gioia, come ci potrebbe sembrare, è la gioia ad afferrare noi. È l’amore di Cristo a scegliere noi perchè diventiamo la sua dimora. Non una rudere diroccato, una casa abbandonata o una di quelle prigioniere dell’incuria e divenute inospitali. No: una casa abitata.
In fase di decollo, agli amici sembrano troppe le indicazioni da tenere presente in assenza (fisica) dell’Amico: come uno studente che, dopo il ripasso della vigilia, avverte la paura di non riuscire a tenere a memoria tutte le nozioni ingoiate. Anche a questo pensa Cristo, in modo da togliere qualsiasi scusante a chi non vorrà tentare l’avventura dell’amore, della gioia piena: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò». Se Cristo è il simpaticissimo postino del Padre – «La parola che ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato» -, lo Spirito Santo è il suggeritore segreto, autorizzato dal Padre, per prestare soccorso quando la memoria si farà vacillante in materia. Per questo è venuto al mondo lo Spirito: per ricordare, per illuminare, per guidare. Ricorderà ciò che è stato, ciò che è passato, illuminerà la strada del presente, guiderà verso la dimensione del futuro. Senza permetterci di perdere nulla di ciò che è stato, facendoci rimanere attentissimi ai minimi sussulti del presente, senza lasciarsi illudere dalle scorciatoie del futuro. Per Cristo l’amore, per quanto fugace sia, è tridimensionale: lo precede una lunga speranza, lo segue un dolce ricordo. Lo si vive come la più contagiosa delle avventure umane. Quand’è veramente amore.
(da Il Sussidiario, 24 maggio 2025)
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate» (Vangelo di Giovanni 14,23-29).

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