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“Sono la porta della cattedrale di Bangui. In questi anni della mia esistenza ho assistito a cerimonie festose, ho accompagnato nel mio silenzio i canti di lode, ho contato le lacrime di quei fedeli stretti nella morsa del dolore dai molti nomi. Questo è uno dei paesi più poveri del mondo, sconosciuto da molti uomini, ma ben noto alla guerra, alla miseria, alle incomprensioni.
Da qualche giorno mi chiamano santa ed oggi, 29 novembre, tutti gli occhi sono fissi su di me come mai lo erano stati prima d’ora.
Pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore, parole che tra le mura di questa cattedrale si sentono risuonare molte volte, eppure oggi hanno un sapore speciale.
La Misericordia non si lascia ingabbiare da pretese di ufficialità, così oggi tutto inizia da qui, da me, anonima porta di chiesa nel cuore dell’Africa. I miei cardini fremono d’emozione mentre mi apro al mondo e divento il simbolo dell’entrata nel perdono di un Dio che, ancora una volta, sceglie prima gli ultimi.”

“Certo che qui a Roma hanno fatto le cose in grande, come sempre. Marmo tirato a lucido, sicurezza, guardie, cerimoniali. Nella mia storia secolare sono molte le mani dei pontefici che mi hanno spalancato ai fedeli, dando il via ai vari giubilei.
Ho sentito dire che lontano da qui un’altra porta santa è stata aperta prima di me. Non mi rammarico affatto per questo primato perduto, anzi, provo gioia profonda nel sapere che la Misericordia non guarda all’importanza secondo gli uomini, poiché l’uomo guarda l’apparenza, il Signore invece il cuore (1 Sam 16,7).
Ho visto e vedrò molte cose ancora, eppure, fino ad ora, mai avevo assistito all’abbraccio tra due pontefici, mai ero stata attraversata da entrambi, uno dopo l’altro, quasi che essi fossero un segno tangibile di quella Misericordia che spesso eccede le aspettative delle persone.”

La storia ha così tanto insistito per avere un appuntamento con il Giubileo della Misericordia che quest’ultimo ne ha concessi addirittura due. A perfetta dimostrazione che la risposta di Dio il più delle volte va ben oltre le domande che gli vengono poste.
Due porte sante. Due mondi così diversi l’uno dall’altro, uniti dal filo invisibile di una Misericordia che bussa e chiede di entrare nella vita di ognuno, invita a non avere paura di lei e della carezza del Padre, invoca il perdono e l’amore quale arma contro ogni male.
Pochi giorni ci separano dal Natale, da quella venuta di un Dio che scelse per primi i pastori, gli ultimi, per mostrarsi agli uomini, rovesciando di fatto ogni consuetudine nella mente dei grandi, dimentichi di tutte le occasioni in cui il Dio biblico aveva scelto coloro che in apparenza erano privi d’importanza. Bangui non fa eccezione e ci ricorda, grazie al gesto di Papa Francesco, che lo sguardo della Misericordia non segue i sentieri del mondo.
L’abbraccio tra il Papa Emerito Benedetto XVI e Papa Francesco, storico nell’unicità di questa cornice, è invece il regalo di tenerezza della giornata odierna. Un piccolo gesto di fraternità incastonato come un gioiello prezioso nel grande abbraccio universale della Misericordia del Padre.

 

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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